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Bisogno di depurazion

Vi sono periodi nella vita di una persona in cui ci si sente appiccicosi, e non parlo in senso letterale, niente a che vedere col caldo estivo o lo sport intenso. Mi riferisco a quella sensazione di avere sulla proprio pelle un’impurità che nasce da dentro e che si manifesta fisicamente tramite un senso di fastidio, come se ci fosse qualcosa che non va e che vogliamo levarci di dosso. Forse non capita a tutti di vivere questi momenti, probabilmente ci sono persone perfettamente in grado di affrontare qualsiasi situazione la vita ponga loro davanti, senza strascichi nel futuro, ma penso che la stragrande maggioranza sia come me. In quei momenti, abbiamo bisogno di depurazione, di imparare a conoscere il modo giusto per liberarci dall’oppressione.

Nel mio caso, è successo che a un certo punto della mia vita, ben in là con gli anni, ho deciso che sarei voluta diventare madre. Una decisione arrivata tardi perché tardi ho trovato la persona giusta, l’unica con la quale avrei accettato di diventare genitore. Essendo, per l’appunto, avanti con gli anni abbiamo da subito dovuto rivolgerci a un centro per la fertilità perché, secondo il mio ginecologo, mai ce l’avremmo fatta da soli. Abbiamo così iniziato un lungo, dolorosissimo percorso che mi ha lasciato emotivamente a terra. Per due anni abbiamo tentato il tutto per tutto, mi sono sottoposta a qualsiasi procedura mi dicessero di provare, fiduciosa, battagliera, certa che prima o poi avrei abbracciato il mio bimbo. Invece, tre mesi fa, ho avuto la batosta che ha messo la parola fine alle mie speranze: non avevamo possibilità, dalle analisi emergeva un problema di incompatibilità fisica tra me e mio marito e, essendo ormai ultra quarantenne, non avrei avuto il tempo fisico di pensare a un donatore di sperma (che neanche avrei voluto). Sono tornata a casa, quel giorno, incapace di pensare, di riflettere, di razionalizzare, di parlare e di provare una qualsiasi emozione. Ero catatonica. Sembrava che la vita avesse perso completamente di senso, non avevo più una direzione o un motivo per continuare a vivere. A che scopo mi sarei alzata la mattina successiva? Perché andare al lavoro? Mi sono presa una settimana di malattia che ho passato a letto senza aver voglia di mangiare, parlare, pensare. Il mio povero marito non sapeva più che pesci pigliare per salvarmi da quella pericolosa apatia. Poi mia zia è apparsa al mio capezzale, furiosa. Il suo sguardo, accompagnato dalle sue sagge, dure critiche mi hanno risvegliato tutto d’un colpo. Mi ha detto che avrei dovuto iniziare un periodo di depurazione fisica e mentale. Depurazione dal dolore e dalla depressione, e mi fece conoscere un centro di supporto per donne con le mie stesse difficoltà. La parte più difficile fu trovare nuova motivazione, ritrovare la gioia di vivere in altre cose. Ce l’ho fatta, ne sono uscita, ed oggi sono serena, anche se ancora soffro quando vedo amiche o parenti incinta o con piccoli bimbi tra le braccia. Ma continuo il mio percorso di depurazione nella certezza che il mio futuro ha in serbo per me cose belle.